I cani come fanno a sopravvivere a Chernobyl? Pare sia una questione di adattamento

Dopo il disastro di Chernobyl alcuni cani sono rimasti a vivere nella cittadina in mezzo all’inquinamento ambientale gravissimo, ma come fanno?

Disastro Chernobyl come vivono cani
Chernobyl-foto pixabay orizzonteenergia.it

In molti si domandano come sia possibile che alcuni cani possano vivere a Chernobyl con l’inquinamento ambientale presente. La loro esperienza ci può insegnare cosa può accadere a un organismo vivente che si trova a dover convivere a lungo con le radiazioni.

Uno studio sul Dna dei cani che vivono vicino alla zona d’esclusione apparso su Scienze Advances e guidato dalla genetista Gabriella J.Spatola ha cercato di fare chiarezza sulla questione. Spatola è ricercatrice del National Human Genome Research Insitute al National Institute of Health.

I risultati di questo studio aiutano a comprendere come la popolazione animale possa sopravvivere a disastri come quello di Chernobyl e come la loro esperienza si possa applicare anche agli esseri umani in un certo senso.

Come fanno a vivere a Chernobyl i cani

Cani Chernobyl come sopravvivono
Chernobyl cani-foto pixabay orizzonteenergia.it

Lo studio sui cani che vivono a Chernobyl si concentra sulle mutazioni di Dna imposte da anni di convivenza tra le popolazioni canine e le radiazioni emesse a Chernobyl dalla centrale nucleare esplosa nel 1986. Secondo lo studio le popolazioni attuali discendono da animali domestici lasciati liberi da individui evacuati da città come Pripyat, diventata fantasma dopo che nel 1986 aveva 50 mila abitanti si sono incamminati nella zona di esclusione.

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L’obiettivo della ricerca è comprendere su un organismo modello come i cani quando forme invasive di inquinamento e avvelenamento ambientale possano ricombinare in modo genetico la popolazione di una specie, fornendo un modello che può essere adottati a organismi complessi come gli essere umani.

Nella zona a un chilometro da Chernobyl vivono circa ottocento cani divisi in quindici tribù, legate da corredo genetico comune. Studiando i cani che vengono curati negli ambulatori improvvisati della zona, la Chernobyl Dog Research Initiative ha consentito di studiare come i cani si sono adattati a uno shock esogeno come l’esplosione di Chernobyl e come lo abbiano fatto per puntare a prosperare a due passi da una vera e propria fucina di radiazioni.

L’obiettivo è quello di comprendere meglio gli effetti dell’esposizione alle radiazioni a lungo termine sulla genetica e sulla salute umana. Nei cani è bastato poco più di una generazione umana e poco meno del lasso di vita di due cani per vedere una modifica caratteriale in individui mediamente più rinselvatichiti.

Il Dna dei cani è mutato e si sono create delle popolazioni distinte, come dimostrano i test di controllo, da quelle che vivono fuori dalla zona di esclusione. I risultati della ricerca evidenziano inoltre la tendenza dei cani semi-selvatici a formare branchi di individui imparentati.

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La popolazione di cani di Chernobyl ha un grande potenziale per informare gli studi sulla gestione delle risorse ambientali in una popolazione animale in ripresa. Il più grande potenziale sta nella comprensione delle basi biologiche della sopravvivenza animale e umana in regioni di alto e continuo assalto ambientale. In conclusione quello che conta e sui cui bisogna lavorare è la prospettiva che anche dinanzi un disastro come quello di Chernobyl, la vita, anche quella umana si può riprendere i propri spazi.