In realtà, i residui delle potature potrebbero essere utilizzati per la rigenerazione del suolo e per il nostro orto, ma questo raramente accade. Spesso vengono trasferiti altrove o bruciati sul posto. Bruciare le potature è il modo meno efficace di utilizzarle, poiché spreca una risorsa e causa inquinamento. L’inquinamento causato dalla combustione di questi residui è significativo e avviene per una ragione inutile, senza alcun beneficio ricavato.

Perché non bruciare i residui delle potature

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Fuoco- Pixabay – OrizzontEnergia.it

I residui delle potature sono una risorsa preziosa che non dovrebbe mai essere sprecata. Ci sono molti modi per utilizzarli in modo efficiente e conveniente. Quando non è possibile evitare di smaltirli, per esempio per questioni di spazio o sicurezza, è importante utilizzarli in modo sensato. Trasformarli in legna da ardere o cippato per la produzione di energia da biomasse è solo una delle possibilità, si possono anche utilizzare per alimentare stufe (pirolitiche o meno). Esistono molti altri modi per sfruttare le potature, come ad esempio per la costruzione o per la creazione di humus. Invece di bruciarle, dobbiamo trovare modi per valorizzare la loro capacità di catturare il carbonio e ridurre l’emissione di CO2 in atmosfera. Prima di discutere su come utilizzare al meglio le potature, dobbiamo considerare i danni che causiamo bruciandole.

In Italia, bruciare ramaglie per pulire i campi dopo le potature è generalmente permesso con diverse restrizioni a seconda delle regioni e del periodo dell’anno. Tuttavia, è importante essere consapevoli del fatto che questa pratica è molto inquinante. La combustione all’aperto di questi materiali freschi produce polveri sottili che aumentano significativamente la diffusione del particolato nell’aria. Il particolato fine, in particolare il PM 2,5, penetra profondamente nei polmoni e può essere associato a malattie respiratorie e al rischio di tumore delle vie respiratorie. Il particolato fine proviene da diverse fonti, tra cui motori di automobili e motocicli, impianti di produzione di energia e altre industrie, riscaldamento domestico a legna e incendi boschivi. La bruciatura delle ramaglie contribuisce ulteriormente a questa situazione, aggravando ulteriormente la situazione.

La ricerca

Una ricerca condotta in Grecia ha dimostrato che la bruciatura delle ramaglie è una delle principali fonti di inquinamento da PM2,5, in particolare durante l’inverno, nelle regioni del Mediterraneo che si dedicano alla coltivazione degli olivi. Dati della Regione Lombardia indicano che bruciare all’aperto una sola catasta di legna di dimensioni medie equivale all’inquinamento prodotto da un comune di 1.000 abitanti che si riscalda a metano per 8 anni. Anche i fuochi rituali, come i falò di Sant’Antonio, hanno un impatto significativo.

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Dati raccolti da ARPA Lombardia nell’area di Milano mostrano che durante i giorni in cui vengono accesi i falò tradizionali a gennaio, la concentrazione di PM10 aumenta di 4-5 volte rispetto alle condizioni normali, portando a concentrazioni 8 volte superiori ai limiti di legge. Oltre alle polveri fini, questi roghi rilasciano in atmosfera molti altri inquinanti come il biossido di azoto (NO2), il monossido di carbonio (CO), i composti organici volatili (COV), il black carbon (particelle molto fini di carbonio elementare che causano un aumento delle patologie) e il benzo(a)pirene (B(a)P). Inoltre, accendere roghi improvvisati è pericoloso a causa dei possibili incidenti che possono verificarsi, come ustioni o diffusione involontaria delle fiamme.

Resti di potature: usali così

Aggravare la situazione già critica dell’atmosfera in questo modo è paradossale, soprattutto considerando che le potature sono una materia organica che può essere utilizzata per nutrire il suolo. Le ramaglie possono essere lasciate a terra come sono, formando piccoli cumuli in punti del campo dove non causano problemi. Ci vorrà del tempo perché si decompongano, ma nel frattempo ospiteranno diverse forme di vita, come insetti, funghi che si nutrono di lignina e cellulosa e mammiferi che possono utilizzarle per costruire il loro nido. Un cumulo decomposto di questo tipo crea un terreno simile a quello di un bosco.

Se non si ha abbastanza spazio o tempo per creare cumuli, è possibile sminuzzare la legna per accelerare la decomposizione. Ci sono diversi modi per farlo, come utilizzando un biotrituratore, una cippatrice o sminuzzando a terra con una trincia. Il cippato può essere utilizzato nella compostiera o lasciato a decomporre da solo in un cumulo a terra. Può anche essere utilizzato come pacciamatura per l’orto e sotto gli alberi, o come decorazione per i vialetti.

Passando una trincia, i resti triturati possono essere lasciati direttamente sotto il frutteto e l’uliveto per migliorare il suolo. Inoltre, potature fresche triturate possono essere interrate nei primi 3-5 centimetri di suolo, dove si decompongono ancora più velocemente e migliorano la struttura del suolo per le coltivazioni, come insegna la tecnica del BRF (Bois Rameaux Fragmente, cippato di ramaglie fresche).

Riforestazione e biochar

L’agroforestazione, con il metodo dell’agricoltura sintropica, richiede di potare ripetutamente le piante di supporto per lasciare a terra i loro residui, che arricchiscono il suolo e proteggono le piantine in crescita. Questa materia organica è essenziale per sostenere la vitalità del suolo e nutrire gli organismi che lo rendono fertile. Inoltre, aggiungendo potature supplementari, possiamo creare cumuli intorno alle nostre linee di riforestazione.

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Se si deve proprio bruciare questi materiali, è importante farlo in modo efficiente e meno inquinante. La produzione di biochar si ottiene attraverso la combustione mediante pirolisi, un processo che, interrotto con acqua, permette la creazione di carbone vegetale, un materiale stabile che può essere aggiunto al suolo. Il biochar ha effetti positivi sulle coltivazioni e consente di rimuovere in modo stabile il carbonio dall’atmosfera, riducendo la CO2.