Agricoltura urbana, piace sempre di più: arruolate 800 milioni di persone

Coltivare da sè il proprio orto, non è più solo una moda da seguire, le grandi città si stanno attrezzando da tempo per condividerlo

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Cesto di verdura (Foto di Jill Wellington-Pixabay)

Già nell’ 800, in America, per rispondere alla depressione che aveva colpito alcune zone, si coltivarono ortaggi su  lotti di terra liberi dati dai sindaci. Erano conosciuti con il nome di Pingree’s potato Patches, dal nome del sindaco del posto.

Anche in Europa la popolazione venne incoraggiata a coltivare verdure per il proprio sostentamento. Potevano essere orti privati, ma anche pubblici seminando in parte il terreno dei parchi lasciati in dotazione dai sindaci.

L’agricoltura urbana, un fenomeno crescente che aiuta l’ambiente e fa bene al morale

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Piccole talee (Foto di Karthaus-Pixabay)

Da allora, l’agricoltura urbana è andata allargandosi a macchia d’olio, tanto da essere ormai considerata un fenomeno vero e proprio. In Italia, sempre di più sono i cittadini che hanno un proprio orto. Se non possiedono un giardino, coltivano sul balcone.

La crescente consapevolezza dell’importanza di un’alimentazione sana e, il più possibile, naturale, porta migliaia di persone a rivedere le priorità. Complice anche il periodo che abbiamo vissuto e, che ancora oggi , ha degli strascichi nel nostro quotidiano.

Anche il ritorno economico è un aspetto da non sottovalutare. Autoprodursi il proprio cibo, fa bene alla salute, sia fisica che mentale, e all’ambiente. Positive sono le iniziative di quei comuni che hanno messo a disposizione prati incolti che, grazie all’impegno di persone volenterose, si sono trasformati in piccole oasi naturali.

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Gli orti cittadini sono in grande espansione, in particolare, nelle periferie delle grandi città. L’aspetto positivo,da non sottovalutare,è che le persone si incontrano e socializzano in modo sano e costruttivo. E sono un perfetto esempio di mutuo aiuto anche per i più piccoli.

Le regioni italiane più attive e prolifiche in tal senso, sono la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Veneto e il Piemonte. Non mancano esempi eccellenti anche nelle altre regioni come la FAO a Roma, che ha dato il via ad un orto biologico sul tetto della sua sede a Roma.

Altro esempio è il Parco Orto Domingo di Bari, un laboratorio urbano dove sperimentare una nuova formula di socialità che inglobi empatia, sostenibilità ambientale e condivisione come esempio di civiltà.

Infine, non mancano esempi di palazzi, in cui, negli ultimi anni, si sono visti crescere orti in verticale creando dei veri e propri giardini pensili autosufficienti. Le tecniche utilizzate variano da quelle tradizionale, a quelle meno conosciute, ma in via di sviluppo, quali l’acqua ponica e aeroponica.

E’ utile, a mio parere, sottolineare quanto si sta facendo negli ultimi anni nelle scuole. Alcuni insegnanti si sono adeguatamente formati per realizzare piccoli orti nei loro istituti. Hanno inserito nella programmazione giornaliera, alcune ore dedicate alla coltivazione degli orti.

Un ottimo inizio per sensibilizzare le nuove generazioni ad amare e rispettare l’ambiente in cui viviamo, imparando e producendo alimenti che poi verranno cucinati. E’ anche un modo per lavorare costruire qualcosa id tangibile insieme.

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Nel 2020 è stato stimato che la popolazione che si è appassionata a questo tipo di attività, è aumentata di circa 3 milioni di persone. Si sono aggiunte ai già 19 milioni che condividevano da tempo un orto, andando ad alimentare l’economia del giardinaggio e di tutto ciò che ruota intorno.

La FAO ha stimato che nel mondo sono circa 800 milioni le persone che si autoproducono alimenti di prima necessità. Un numero destinato a crescere, grazie anche alla sensibilità crescente di sindaci che mettono a disposizione parte dei terreni pubblici.

Un fatto di enorme importanza per il bene delle comunità, dell’economia, dell’ambiente e del benessere personale.