Allevamenti di calamari non sostenibili: cosa c’è che non va

Dal Giappone arriva una nuova tecnica per allevare i calamari, ma non è sostenibile: allevamenti intensivi da condannare. Ecco il perché.

allevamenti calamari non sostenibili
Un calamaro (canva)

PER TUTTI GLI ALTRI AGGIORNAMENTI SEGUICI SU INSTAGRAM

La sovrappopolazione del nostro pianeta ha costretto il sistema, da ormai diversi anni, ad adottare delle tecniche di allevamento intensivo di animali per aumentare la produzione alimentare di carne e pesce. Questi allevamenti, però, non tengono conto del benessere degli animali. Questo tema è molto dibattuto e da anni si cerca di trovare delle alternative agli allevamenti intensivi, per far sì che venga preservata il più possibile la salute degli animali stessi.

Sembrerebbe però che, in Giappone, recentemente, alcuni scienziati abbiano sviluppato un metodo innovativo di allevamento di calamari che, se da un lato risolve il problema della carenza di prodotti ittici, dall’altro è altamente incompatibile con il benessere degli animali. In cosa consiste?

Allevamenti intensivi di calamari, succede in Giappone

allevamento calamari Giappone non etico
Gruppo di calamari in mare (Canva)

Nel 1989, in Giappone è stato raggiunto il picco di cattura annuale di calamari, arrivando al numero di 733.594 tonnellate. Nel 2018, a distanza di quasi 30 anni, questo numero era calato notevolmente, arrivando a 83.593 tonnellate. Da questo calo, sembrava che i Giapponesi avessero preso a cuore la questione e che avessero deciso, nel tempo, di diminuire volontariamente la quantità di calamari pescati. In realtà non è così.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE → Il caffè potrebbe salvare il Mozambico, in che modo?

Sembrerebbe, infatti, che negli anni i calamari in mare siano sempre di meno. I Giapponesi, per far fronte a questo calo, hanno iniziato a importare calamari dal sud America e hanno iniziato a studiare metodi per intensificare l’allevamento di questi animali marini, cercando di comprenderne il comportamento. Questi molluschi sono molto sensibili alle alterazioni ambientali e il loro ciclo di vita è complesso.

Di conseguenza, gli studi portati avanti per trovare il metodo più efficace per allevarli non sono andati a buon fine. Sembrerebbe che negli ultimi anni gli studiosi abbiano trovato dei metodi per intensificare la produzione di questi molluschi, ma questo tipo di allevamento intensivo non è del tutto etico e non è sostenibile.

Si tratta, fondamentalmente, di acquacoltura, che cerca di favorire la produzione di uova ormai compromessa dal riscaldamento globale. Uno dei motivi è che questo tipo di allevamento non garantisce una corretta alimentazione ai molluschi. I calamari, infatti sono carnivori, ma per garantire la giusta alimentazione agli esemplari allevati, bisognerebbe aumentare ancora di più la pesca delle altre specie.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE → Dispositivi elettrici lasciati in stand-by: è questo il reale consumo

L’altro motivo è che l’acquacoltura è poco salubre per gli animali che si trovano ammassati in centinaia in spazi molto piccoli. Questo ammassamento favorisce anche la trasmissione di malattie. Per sensibilizzare l’allevamento intensivo di calamari e altri animali, è sempre importante informarsi bene sull’origine dei prodotti che compriamo, così da evitare di alimentare un sistema ormai malato, insostenibile e del tutto non etico.