La nanoingegneria compie passi da gigante. La novità proviene dai ricercatori della KTH ed ha dell’incredibile. Scopriamo di che si tratta.
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I ricercatori della KTH hanno pensato ad un modo alternativo di ricavare energia dall’acqua sfruttando il potere della nanoingegneria. Il progetto contempla la possibilità di riscaldare le nostre case, in un futuro prossimo, grazie a dell’acqua e del legno.
Il gruppo di scienziati, nonché team di ricerca alla base del progetto, del KTH Royal Institute of Technology hanno basato le proprie intuizioni sui principi più solidi della bioelettricità. I frutti della scoperta sono portentosi.
In particolare il progetto ha portato avanti un focus su quei fenomeni elettrici propri della materia biologica e organica. Dall’analisi e dall’osservazione della parete cellulare del legno, sono giunti a una scoperta incredibile.
Biolettricità: il futuro della sostenibilità è tutto in un pezzo di legno
I ricercatori del Royal Institute of Technology hanno realizzato un generatore di energia idrovoltaica basato sulla nanoingegneria delle pareti cellulari lignee, del legno. Per il futuro dell’energia sostenibile e alternativa sembrerebbe arrivata l’alba di un nuovo giorno: l’energia potrebbe arrivare direttamente da un ciocco di legno bagnato.
Lo studio si è occupato di indagare i fenomeni elettrici interni alla materia organica e biologica, quella del legno in particolare, e sull’effetto cosiddetto “idrovoltaico” alla base della possibilità di generare energia elettrica rinnovabile. Come funziona? L’effetto idrovoltaico consente di generare energia elettrica grazie all’interazione di acqua e materiali nanostrutturati polarizzabili.
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Ok, ma che significa? L’effetto idrovoltaico sfrutta tutti gli stati dell’acqua per generare elettricità. Che sia da onde, flussi, evaporazione naturale o umidità, l’effetto è capace di ricavare energia dal naturale comportamento dell’acqua. In particolare è il fenomeno dell’evaporazione a promettere una generazione continua di elettricità senza stimoli specifici.
L’interfaccia dello stato solido-liquido ottenuta facendo passare l’acqua evaporata attraverso dei pori garantirebbe la formazione di corrente elettrica. Fino ad ora niente di nuovo, se non fosse che il lavoro dei ricercatori del KTH è riuscito a risolvere una problematica annosa legata a questo tipo di sperimentazione.
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Il problema generale è da sempre cosistito nella bassa densità di potenza offerta dai processi evaporativi. Il professor Yuanyuan Li ha allora provato a raccogliere piccole quantità di bioelettricità a partire dalla regolazione del pH del legno e l’applicazione di un po’ di nanoingegneria. I risultati?
Ottimi. Il team è approdato alla costruzione di un nuovo generatore di energia rinnovabile alterando la composizione del legno su scala nanometrica. In particolare ci si è concentrati sul miglioramento delle proprietà del materiale in termini di porosità, carica superficiale, superficie, tutto volto a potenziare la velocità con cui l’acqua lo attraversa.
Il legno, trattato in questo modo, riesce a produrre alta tensione per 2-3 ore continuate prima di un inevitabile abbassamento di performatività. Una volta esauritosi, il legno presenta il vantaggio di poter essere riciclato sotto forma di carta e diversi altri biocomposti. I risultati della ricerca compaiono sulla rivista Advanced Functional Materials.