Cosa accadrebbe al tuo corpo se toccassi la pianta più velenosa al mondo | Verità da brividi

È considerata la pianta più velenosa del mondo, basta sfiorarla per provare un dolore inimmaginabile, e soprattutto duraturo.

La peluria delle foglie (YouTube/Brave Wilderness) – Orizzontenergia.it

Essere punti da un’ape o da una vespa è un brutta esperienza, il dolore è acuto, la zona colpita si gonfia e si sta male per qualche ora. Essere morsi da un ragno velenoso o da un serpente è ancora peggio, non tanto per il morso in sé, che procura un breve dolore, ma per la potenza del veleno iniettato, che può condannare a morte. E stessa cosa riguarda la puntura di uno scorpione. Tuttavia, se si interviene tempestivamente con un antidoto, si guarisce in fretta, anche se ci possono essere strascichi fastidiosi.

Tuttavia, il morso di questi animali, almeno a livello di irritazione e di dolore duraturo, non è nulla a confronto con quella che è considerata la pianta più velenosa al mondo. Si chiama Dendrocnide moroides, da molti soprannominata Gympie-Gympie. Cresce nelle foreste dell’Australia orientale, e basta essere sfiorati per provare una sensazione unica al mondo, questo per via dei peli che ricoprono le sue foglie e i suoi steli, sono minuscoli e penetrano facilmente sotto pelle, comportando una serie di danni.

La pianta più velenosa al mondo: gli effetti sul corpo non appena la si tocca

Naturalista maneggia con attenzione la foglia (YouTube/Brave Wilderness) – Orizzontenergia.it

Gli effetti della Dendrocnide moroides sul nostro corpo sono davvero devastanti, niente di paragonabile nemmeno alle piante più velenose che possiamo trovare sul nostro territorio, in Italia o nel resto d’Europa. Ad esempio, se inavvertitamente si inalano i peletti delle foglie, si rischia seriamente di soffocare, o di riportare danni letali ai polmoni e alle vie aeree. Altrimenti, basta anche solo sfiorarla per essere invasi da peli che penetrano sotto pelle.

Ma quali sono i primi effetti che si avvertono? Inizialmente, si prova un senso di fastidio, di irritazione e di bruciore, come se si venisse a contatto con dell’ortica o della bardana. Tuttavia, a differenza di queste due piante, che conosciamo bene, la Gympie-Gympie non perdona. Il bruciore, infatti, non si stempera nel giro di pochi minuti, ma aumenta nel corso delle ore. Ma non solo, perché i suoi effetti, tra cui dolore, irritazioni e lividi, possono comparire e scomparire, protraendosi anche per mesi o per anni.

Dendrocnide moroides, il vegetale che non può essere toccato

Questo arbusto dalle foglie larghe perseguita i malcapitati per mesi o addirittura per anni, comportando un senso di malessere in determinate condizioni. Ad esempio, coloro che ne sono stati colpiti, hanno rivelato di aver provato forti dolori e una sensazione di essere trafitti da aghi al contatto con l’acqua fredda, oppure in una condizione di clima freddo e umido. Un uomo, che sfortunatamente è entrato a contatto con questa pianta, strofinando il naso su una foglia, riferisce di essere stato male per ben due anni.

Ogni volta che faceva la doccia o che le temperature si abbassavano e iniziava a piovere, ecco che il bruciore intenso tornava, partendo dalla punta del naso, la zona entrata a contatto con i peli della moroides, diffondendosi su tutta la faccia. Scoperta nel 1860, la moroides fu subito battezzata “pianta dei suicidi”, perché, per via del malessere che comporta, rischia di condannare il malcapitato al suicidio. Nessuno la maneggia a mani libere, e le persone che la studiano indossano sempre delle maschere protettive.

La pianta cresce nelle foreste pluviali, accanto ai ruscelli, e cresce fino a 3 metri di altezza. Le foglie misurano anche mezzo metro di lunghezza. Non bisogna mai avvicinarsi, i peli delle foglie, infatti, sono fragili, si strappano facilmente e aleggiano nell’aria. I peli sono talmente fini che penetrano facilmente nella pelle, restandoci per mesi.

L’acqua e il freddo acuiscono la potenza del loro veleno. La tossina rilasciata scatena una forte sensazione di bruciore. Nonostante la pericolosità, esistono degli animali che si nutrono delle sue foglie, come ad esempio, certi coleotteri, oppure un marsupiale chiamato pademelon, simile a un canguro, ma di dimensioni più piccole.