Case green, scontri tra gli Stati Ue sulle direttive: cosa ne pensa (davvero) l’Italia

Incontri ad oltranza per i rappresentati degli organi UE nel tentativo di chiudere l’accordo sulla direttiva case green. Per L’Italia però le scadenze sono brevi.

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Cos’è e come funziona la direttiva case green dell’UE (Orizzontenergia.it)

Siamo abituati a sentir parlare di direttive UE, ma in pratica cosa parliamo? Si tratta di una delle fonti del diritto che in gergo più comune vuol dire che le direttive sono leggi emanate dagli organi dell’Unione Europea; andando ancora più nello specifico, le direttive sono delle leggi che pongono degli obiettivi agli stati membri per cui entro il temine ultimo stabilito dalla legge ogni Paese UE deve essere in grado di rispettare quella norma.

Come si può ben intuire dal nome della direttiva case green, l’obiettivo è quello di raggiungere entro un certo termine l’efficientamento energetico in chiave ecologica degli edifici e degli appartamenti di più vecchia costruzione -i nuovi edifici, infatti, seguono già una normativa differente. Ma qual è il termine ultimo stabilito? Il nodo sta tutto qui, perché Parlamento e Consiglio non riescono a trovare un accordo sulle date e il rischio ora è che la discussione slitti addirittura alla prossima riunione di dicembre.

Il bivio 2030-2050 e le posizioni dell’Italia in merito alla direttiva case green

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La pozione dell’Italia sulla direttiva case green (Orizzontenergia.it)

Dopo la proposta arrivata a marzo di quest’anno, le istituzioni europee hanno avviato la discussione sui termini della direttiva case green una discussione che ora sembra essersi arenata sulle scadenze. Parlamento e Consiglio, nonostante la mediazione della Commissione sembrano proprio non riuscire a trovare un accordo finale. Il Parlamento spinge per raggiungere l’efficientamento energetico di tutti gli edifici entro il 2033 (per le abitazioni di classe D), il Consiglio invece punta per le emissioni zero degli edifici vecchi entro il 2050.

Insomma posizioni quanto mai distanti e il compito della Commissione è quella di portare le parti ad un punto di incontro. Il trilogo (termine giornalistico che indica le riunioni dei tre organi europei) va ora ad oltranza senza darsi una scadenza prefissata, ma si fa sempre più concreta la possibilità di rimandare la discussione finale a Dicembre. Un fine d’anno che rappresenta molto di più, la Spagna che a è capo del Consiglio nel suo semestre di governo ha solo questa come ultima possibilità per chiudere il dossier, difficile lo si riesca a fare dopo quando la campagna elettorale per elezioni del prossimo anno entrerà davvero nel vivo.

I portavoce dei delegati fanno sapere però che la discussione, ormai iniziata a giugno, prosegue per il verso giusto e che per la fine dell’anno arriverà sicuramente l’accordo. A rendere poi complicati gli accordi ci sono le posizione controverse e dubbiose di alcuni Paesi come il nostro.

I dubbi italiani. Frattin: “allo stato attuale anche l’obiettivo 2050 è impossibile”

Già in sede europea, nei giorni scorsi la deputata della Lega Isabella Tovaglieri aveva avanzato i dubbi dell’Italia in merito alla direttiva: “Sono in gioco la tenuta economica e sociale dei nostri Paesi e il futuro di tante famiglie italiane che saranno costrette a sostenere una eco-patrimoniale di decine di migliaia di euro […]. Il governo italiano darà battaglia facendosi portavoce in Europa delle preoccupazioni di tutti i paesi più penalizzati da questo provvedimento“. Preoccupazioni a cui fa eco il ministro dell’ambiente Frattin che ha posto l’accento sulla presenza in Italia di 21 milioni di fabbricati e case che hanno classe D – tra cui gli edifici storici – e la cui efficienza energetica non potrebbe essere fattibile neanche entro il 2050 mettendo il nostro Paese a serio rischio sanzioni contenute nel testo di legge della direttiva e che ora spingono molti paesi al ripensamento.