Vortice subtropicale, è diventato un’isola di spazzatura

In appena pochi decenni questa incredibile e potentissima corrente oceanica si è trasformata in un’enorme isola di plastica

dove è isola di plastica
L’isola di plastica (Foto Pixabay – Modifica Orizzontenergia.it)

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Avete mai sentito parlare del vortice subtropicale del Nord del Pacifico? Sapete che cos’è? Sono domande fondamentali per capire come questa estesa zona, pari a circa 34 milioni di km², si sia trasformata in un gigantesca isola di rifiuti. Questo mulinello, noto anche come North Pacific Gyre è localizzato tra l’equatore e il 50° di latitudine nord e si muove in senso orario. A formarlo sono state quattro correnti oceaniche: a nord quella del Nord pacifico, a est quella della California, a sud la corrente equatoriale nord e a ovest la corrente Kuroshio. Una premessa fondamentale per capire come quest’area sia diventata una grande isola di spazzatura.

Come si è formata l’isola di spazzatura nel vortice subtropicale

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Rifiuti (Foto Instagram)

Come detto negli ultimi decenni all’interno di questo vortice si è formata una gigantesca ed enorme isola di plastica. A crearla, purtroppo, moltissime tonnellate di rifiuti plastici che sono stati dispersi in un’area enorme che è stata rinominata  Great pacific garbage patch. Ovvero “Grande discarica del pacifico“. Questo atollo artificiale, a seconda delle stime, sarebbe grande quanto l’intera penisola iberica o quanto gli Stati Uniti d’America.

Lecito chiedersi che origine abbia tutta questa plastica. A rispondere a questo interrogativo una ricerca di Scientific Reports coordinata dall’organizzazione no-profil The Ocean Cleanup. Questi hanno raccolto e analizzato, tra il giugno e il novembre 2019, 573 kg di detriti, le cui dimensioni fossero superiori ai 5 cm, dall’isola di plastica. Questi rifiuti, poi, sono stati catalogati, contati e pesato con uno scopo preciso: definirne l’età e l’origine. E i risultati sono chiari affermando come la maggior parte di questo materiale derivi dalla pesca.
Ad essere precisi, secondo quanto emerso dallo studio, il 26% di questi frammenti è composto da materiale usato per la pesca. Al contrario salvagenti e boe, pur costituendo il 21 % della massa totale, rappresentano solo il 3% degli oggetti presenti. I ricercatori poi sostengono che la possibilità che uno di questi rifiuti derivi da attività di pesca è di dieci volte superiore rispetto a quella svolta sulla terraferma. Infine la ricerca è riuscita anche risalire al Paese d’origine di 232 detriti: il 34% arrivava dal Giappone, il 32% dalla Cina, il 10% dalla Corea del Sud, il 6% dagli Stati Uniti.