Distanze tra i fabbricati, queste sono le disposizioni di Legge: occhio a non sforare

Le liti tra vicini sono, spesso, causate da una mancanza di conoscenza giuridica in fatto delle giuste distanze tra i fabbricati

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Case vicine (Foto di David Mark-Pixabay)

Le distanze e i confini delle proprietà sono regolati dal Codice Civile, da regolamenti edilizi comunali, da norme di attuazione di piani regolatori generali e dalla normativa in materia antisismica. Hanno natura integrativa rispetto alle norme codicistiche, come più volte affermato dalla giurisprudenza.

Dall’art.873 all’art. 907 del C.C. (Codice civile), viene disciplinata la distanza tra i confini dei fabbricati pur prevedendo qualche specifica deroga per piani regolatori, vincoli ambientali, regolamenti edilizi locali, norme di sicurezza sugli impianti e codice della strada. Questi possono aumentare, ma non diminuire, le distanze minime imposte dalla Legge.

Le distanze dei confini secondo il codice civile e deroghe normative

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Fabbricati e distanze (Foto di Dimitris Vetsikas-Pixabay)

Inoltre, in ambito di distanze si fa riferimento anche al D.M. 1444 1968. il quale stabilisce che nel caso di edifici antistanti con pareti finestrate, per rispettare esigenze di igiene e sicurezza, la distanza tra fabbricati è di dieci metri. Nell’art, 873 C.C. si determina una distanza non inferiore ai tre metri per le costruzioni su fondi finitimi se non sono unite o aderenti, nell’urbanistica locale in genere è di minimo cinque metri.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, le distanze devono essere misurate in modo lineare e non radiale. Occorre considerare il distacco delle facciate di due edifici tracciando una linea perpendicolare da una all’altra  (Cass., n. 10580/2019).

Nel computo si devono considerare anche i balconi (sporti) che costituiscono un corpo del fabbricato, e sono esclusi quelli ornamentali. Con l‘accordo tra le parti  si può derogare alle distanze minime salvo che queste non siano previste da un regolamento edilizio locale.

Ne consegue l’invalidità – anche nei rapporti interni – delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti, le quali si rivelino in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze.

Un’altra deroga si può avere con l’attuazione del diritto di usucapione. Se due fabbricati costruiti da oltre venti anni, hanno una distanza inferiore a quella fissata dalla Legge e i proprietari non hanno mai opposto alcuna obiezione. Tale diritto è regolato dagli articoli 1158 e seguenti del codice civile e deve essere fatto valere in giudizio con una sentenza.

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I muri di confine delimitano la proprietà privata e si presumono comuni ai proprietari di due fondi confinanti, quando dividono le proprietà su suolo comune. Quando è eretto su suolo di  propreietà esclusiva, appartiene solo al titolare del diritto.

Se il muro presenta sporgenze, cornicioni, mensole e simili, vani che si addentrano oltre la metà della grossezza del muro, si presume appartengano al proprietario dalla cui parte questi tendono.

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Tali muri di confine,se hanno un’altezza superiore a tre metri devono rispettare la distanza minima di uguale misura prevista dall’art. 873 c.c., salvo che i regolamenti locali non prevedano norme differenti.

Ne consegue che, ai sensi dell’art. 878 c.c., il muro di cinta e ogni altro muro isolato con un’altezza inferiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall’art. 873 c.c.

Se una costruzione sorge a ridosso di un muro di confine, anche l’altro confinante potrà appoggiarne la sua costruzione. Se un muro è a meno di un metro e mezzo dal confine, è possibile chiedere la comunione che dovrà essere concessa dal vicino, e richiedere a sua volta la costruzione di un nuovo muro.