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Materiali radioattivi gettati in acqua, li conosciamo davvero?

I materiali radioattivi finiti negli oceani sono una annosa e terribile problematica che si ripercuote sulla salute del Pianeta. Ma quali sono esattamente le tipologie di rifiuti tossici radioattivi? Vediamo insieme

Scorie radioattive (foto da Pixabay, collage di orizzontenergia.it

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La storia è piena di episodi continui di smaltimenti in mare nelle aree di abbandono dei rifiuti nucleari rendendo gli oceani la più grande discarica per scorie radioattive. Rapporti e studi hanno evidenziato come nei passati decenni molti Stati hanno usato il mare come sito di smaltimento per certi tipi di rifiuti radioattivi.

Nessun controllo nei fondali degli oceani sullo stato di conservazione dei contenitori adibiti alle scorie nucleari e si continuò a smaltire in mare sino agli anni 80′. Si sapeva che nel tempo i contenitori avrebbero potuto deteriorarsi e rilasciare il loro contenuto nocivo. Intervenne una nuova tecnologia di smaltimento per evitare di disperdere in mare la radioattività. Infatti la corrosione marina, le interazioni coi sedimenti, microorganismi, la pressione idrostatica, l’ossigeno disciolto e l’ossidazione sono le possibili cause del deterioramento dei fusti.

Le tipologie di rifiuti radioattivi presenti sui fondali marini

Simbolo radioattività (foto da Pixabay)

In questi ultimi 30 anni i cimiteri nucleari sul fondo degli oceani del mondo sono costituiti da migliaia di tonnellate di scorie radioattive provenienti dalle attività nucleari civili e militari dell’ex Unione Sovietica e dell’Occidente. Il nucleare ha di fatto generato scorie e rifiuti radioattivi sin dall’inizio della sua comparsa e da subito si è materializzato il problema della loro gestione.

Gli abissi, ritenuti privi di vita, e molto lontani dall’uomo, apparivano come il luogo ideale di evacuazione. Ma oggi sappiamo che non si tratta di luoghi desertici e si pone il problema dell’impatto sugli ecosistemi. Le tipologie di rifiuti inabissati negli oceani si compongono di residui radioattivi legati al bitume o cemento per resistere allo shock dell’impatto.

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Tipologie rifiuti negli abissi

Non sembrerebbe siano stati immessi in acqua carburanti nucleari, rifiuti di alto livello o di lunga durata, ma attrezzature come guanti, materiali di laboratorio e campioni. Rifiuti assimilabili a quelli classificati come VLL (attività molto bassa), FA (attività bassa) o MA (attività media). Questa tipologia di rifiuti conterrebbe diversi tipi di radionuclidi con comportamento, tossicità e durata che variano fra loro notevolmente.

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Alcuni rifiuti derivano quindi dalle attività e dalle operazioni annesse al ciclo di combustibile nucleare, così come dalle operazioni di decontaminazione o del decommissioning di strutture nucleari. Elementi come il “cesio” sono ormai scomparsi, ma altri come gli isotopi di “plutonio” hanno una durata che può variare da pochi decenni a migliaia di anni. Altri ancora come il “trizio” sono considerati a bassa tossicità ma si legano facilmente alla materia organica.

La verità è che nessuno ha idea del grado e del livello di radioattività residua presente in questi accumuli di fusti sui fondali degli oceani. I più vecchi sono stati smaltiti in mare più di settant’anni fa e non si sa niente né sulla loro distribuzione, né sul loro stato di deterioramento. Le risposte potrebbe arrivare dalle prossime spedizioni previste per il 2023 e il 2024 per effettuare la mappatura dei fusti e l’analisi e la valutazione dell’inquinamento radioattivo dell’acqua.

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