Peste suina africana, in Italia i casi salgono a 1000

Peste suina africana in Italia: i dati e le raccomandazioni del Ministero della salute. La fotografia del nostro Paese al momento

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Peste suina africana (Canva) – Orizzontenergia.it

Se ne parla poco, ma l’epidemia di peste suina africana diffusasi a partire dal 2014 in alcuni Paesi dell’Est Europa sta interessando anche il nostro Paese. Nel gennaio dello scorso anno anche in Italia, come specifica il Ministero della Salute, sono stati segnalati i primi casi con la positività al virus in una carcassa di cinghiale. Ad essere interessato il Piemonte.

Pian piano la positività è stata riscontrata anche nelle zone limitrofe come in Liguria, ma anche in Sardegna e nel Lazio per passare al maggio di quest’anno in cui la presenza della peste suina africana è tornata a far capolino tra la Calabria e la Campania. Ad oggi secondo i dati del ministero, i casi sono quasi mille: 985 per la precisione.

Peste suina africana in Italia: cosa succede 

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Allevamento di maiali (Canva) – Orizzontenergia.it

La regione più colpita è il Piemonte, ed in particolare l’Alessandrino che fa registrare quasi la metà dei casi, segue la Liguria e la zona di Genova e Savona, Roma e la Calabria. Per cercare di arginare il fenomeno il governo ha dato maggiori poteri al commissario straordinario Vincenzo Caputo che ha il compito di occuparsi del contenimento della diffusione dell’epidemia e della verifica dell’abbattimento di suini e cinghiali infetti in coordinamento con lo Stato e aziende sanitarie.

Il Ministero ha specificato che “chiunque provenga da aree in cui la malattia è presente può rappresentare un veicolo inconsapevole di trasmissione del virus agli animali”. Da attenzionare sono i cinghiali che liberi di muoversi arrivano anche nelle zone antropizzate e costituiscono un volano di diffusione del virus soprattutto se entrano in contatto con allevamenti non a norma e rifiuti alimentari abbandonati.

L’appello è anche ai cacciatori per una maggiore attenzione nella pulizia delle attrezzature e dei vestiti usati per la caccia evitando il contatto con gli animali domestici. Agli allevatori si chiede, invece, di rispettare le norme di biosicurezza, con il cambio di abbigliamento e calzature per entrare ed uscire dagli allevamenti.

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Mamma cinghiale con i piccoli (Canva) – Orizzontenergia.it

C’è da specificare che il virus non attacca l’uomo ma può comportare gravi perdite per le produzioni. Può portare, infatti, alla morte precoce degli animali e se le carcasse restano nell’ambiente la peste suina africana può essere fonte di ulteriori infezioni.