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L’Europa l’ha fatto per 40 anni. Oggi i danni sono irreversibili

Per 40 anni l’Europa ha danneggiato l’ambiente in questo modo. Le conseguenze sono disastrose. Sarà possibile tornare indietro?

Bandiera dell’Europa – Foto da Pixabay

L’ambiente è sempre più in pericolo a causa dell’inquinamento da parte dell’uomo durante questi ultimi decenni.

Plastica dispersa nell’ambiente, trivellazioni per il petrolio, emissioni di CO2, disboscamento.. sono tantissime le opere dell’uomo che vanno a discapito dell’ambiente, danneggiandolo ogni giorno sempre di più.

Ma quel che ha fatto l’Europa negli ultimi 40 anni è davvero inimmaginabile. La sua azione perdurata nel tempo ha creato ingenti danni all’ambiente. Ma questa azione sarà irreversibile? Si potrà salvare l’ambiente nonostante i danni?

Cosa ha fatto l’Europa negli ultimi 40 anni

Oceano – Foto da Pixabay

Tras gli anni 50 e gli anni 90, per ben 40 anni l’Europa ha rilasciato ben 200 mila fusti contenuti scorie radioattive, riversandoli nell’oceano Atlantico nord-orientale.

Un danno senza eguali che ha portato a conseguenze disastrose per tutti gli esseri viventi dell’oceano. L’oceano è diventato negli anni un vero deserto per le scorie radioattive, conseguenze di residui di attività nucleari passate.

Il tutto è cominciato nel 1946 da parte degli Stati Uniti che hanno scaricato le prime scorie radioattive dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Successivamente è toccato all’Europa. La Gran Bretagna, dal 1949 al 1982 ha rilasciato circa 140 mila fusti. Il Belgio invece ha contribuito con il rilascio di 55 mila fusti, mentre la Francia con 46 mila fusti di sostanze radioattive.

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Potrà sembrare strano che tutto ciò fosse legale, ma effettivamente lo era. In acque internazionali, infatti, all’epoca non c’era alcuna regolamentazione che vietasse il rilascio si scorie radioattive in queste acque.

Dopo gli anni 60 però questo scarico iniziò ad essere vigilato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che delimitò le aree di rilascio.

Successivamente, con la London Convention on the Prevention of Marine Pollution by Dumping of Wastes and Other Matter, avvenuta nel 1972, si impose una sospensiva. Questa sospensiva imponeva il divieto totale di rilasciare sostanze radioattive nell’oceano.

Quali sono le conseguenze sull’ecosistema?

Fusti di scorie radioattive – Foto da Pixabay

Inizialmente non si pensava che queste scorie radioattive potessero avere un impatto sul pianeta, anche a profondità abissali, ma la ricerca scientifica moderna ha mostrato come questo impatto ci sia eccome.

All’interno dei fusti c’erano diverse sostanze radioattive, come gli isotopi di plutonio, il cesio 134 ed il ferro 155. Alcune di queste sostanze, come il ferro 155 ed il cesio 134 sono ormai scomparse.

Altre invece hanno un durata di vita decisamente più lunga, che raggiunge anche i 300 mila anni. E’ il caso di alcuni isotopi del plutonio che hanno un tempo di decadimento lunghissimo e che quindi rimaranno nei fondali oceanici per davvero tanto tempo.

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Tuttavia, gli scienziati non hanno certezza di quel che sta accadendo nei fondali oceanici, motivo per cui sono state organizzate due spedizioni per scoprire di più.

Una prima spedizione è prevista per il 2024 e avrà il compito di realizzare una mappatura del fondale dove sono stati i rilasciati i fusti contenenti le scorie radioattive.

Nel 2025, avverrà poi la seconda spedizione che dovrà determinare la presenza del rumore di fondo radioattivo, che mostrerà la quantità di rumore derivante dai fusti.

Inoltre, durante la spedizione verranno anche prelevati dei campioni del sedimento nelle vicinanze dei fusti, così da studiare le conseguenze delle scorie radioattive, sui microrganismi presenti sul fondale.

Federica Pichierri

Classe 1994, nata a Bari. Sono una studentessa di Fisica poiché da sempre ho una passione per la scienza e la medicina. L’altra mia passione che non mi ha mai abbandonata è stata quella della scrittura, motivo per cui il mio obiettivo sarebbe quello un giorno di poter scrivere di scienza. Amo viaggiare e scoprire la cultura culinaria dei posti che visito e mi piacerebbe trasformare queste mie passioni in lavoro.

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