Coltura idroponica: la nuova frontiera dell’agricoltura biologica. Scopri di cosa si tratta

Coltura idroponica: le nuove frontiere dell’agricoltura sotenibile passano da qui. Il metodo innovativo per coltivare fuori suolo.

Agricoltura idroponica loto
Fiore di loto (Image by Devanath from Pixabay)

Parliamo oggi di un innovativo metodo di coltivazione, quello della coltura idroponica. Poco noto ma efficace, questo metodo di coltivazione si serve dell’acqua anziché del terreno per la coltivazione delle piante.

Scopriamo come e perchè addentrarci in questa pratica originale analizzando tutti i vantaggi della coltura in acqua.

Coltura idroponica, l’innovativo metodo di coltivazione

Agricoltura idroponica giglio
Giglio acquatico (Image by Rajesh Balouria from Pixabay)

L’origine del termine deriva dal greco. Coltura “Idroponica” significa letteralmente coltivazione che si serve del lavoro dell’acqua. In buona sostanza la pratica prevede che ci si serva dell’acqua per favorire la screscita delle piante, che siano di tipo decorativo o ortofrutticolo.

La buona prassi prevede che si dissolvano nell’acqua le sostante nutritive necessarie alla pianta. La sua coltivazione avverrà infatti fuori dal suolo. La coltura idroponica era già praticata al tempo degli Assiri e Babilonesi. Il più antico esempio di coltura idroponica risale infatti ai giardini pensili dell’antica Babilonia.

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Tuttavia esempi antichi di diffusione di questa pratica agricola li ritroviamo anche presso le zone montuose delle Ande, sul lago Titicaca, fra il Perù e la Bolivia, e nel Mianmar. Solitamente si disponevano dei bancali di paglia, fiori e substrati vari per ricreare dei piccolo giardini sull’acqua.

La coltivazione idroponica è stata riportata in auge nel 1930 dal professor Gericke, dell’Università di Berkeley. La riscoperta ne ha consentito la diffusione e reinterpretazione in chiave dgli ultimi decenni. È oggi infatti diffusa in tutto il mondo come pratica alternativa ed innovativa di coltivazione.

Esistono due tipi fondamentali di coltura idroponica: quella con substrato e quella senza substrato. Nel primo caso un substrato di perlite, sabbia e argilla espansa viene inumidito e irrigato con acqua e sostanze nutritive. Nel secondo caso le radici della pianta vengono immerse direttamente nell’acqua. La soluzione prevede acqua e sostanze disciolte necessarie al fabbisogno della pianta.

È bene ricordare tuttavia che la pianta ha bisogno del costante riciclo di ossigeno e sostanze nutritive. Per questo motivo, una volta assorbiti i nutrienti, l’acqua andrà sostituita. Piante come il riso, i gigli d’acqua e le piante carnivore sono in grado di proliferare anche in ambienti poco ossigenati e stagnanti.

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Non dimentichiamo poi l’importanza dell’ossigeno per la pianta. In fase di immersione della pianta è bene lasciare che l’apice della stessa emerga. In questo modo garantiremo il giusto apporto di aria ed acqua alla pianta. L’acqua in cui la pianta è immessa deve poi essere “vivente“, ossia essere molto ossigenata e carica di ioni.

L’agricoltore che pratica questa tecnica dovrà prestare attenzione alla quantità di sali minerali e ossigeno erogati nell’acqua. Le radici sospese assorbono più velocemente ossigeno e nutrienti e vanno quindi in contro ad una crescita più rapida. Se tuttavia l’ossigeno e le sostanze non sono sufficienti, la pianta crescerà lentamente.