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Fondo Loss and Damage, di cosa si tratta? Un tema della Cop27

Cop27: la ventisettesima conferenza delle Nazioni Unite sul tema del climate change si sta tenendo in questi giorni a Sharm el-sheikh. Punto di rilevanza è rappresentato dal fondo Loss and Damage.

Africa – foto da pixabay

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La conferenza delle Nazioni Unite ha fatto molto parlare di sé soprattutto lo scorso anno. Ad ospitare il concistoro era stata Glasgow, nel Regno Unito, quest’anno, come da accordi, sarebbe stata una nazione africana a dover accogliere il dibattito sulla salute del globo.

La Cop27, quella attualmente in corso con termine fisatto al 18 novembre, si sta tenendo presso la Repubblica Araba d’Egitto, a Sharm el-sheikh, che presiederà la conferenza. Ma perché l’Africa è così importante per il tema del cambiamento climatico? Il fondo Loss and Damage raccoglie le esigenze di tutte quei paesi in via di sviluppo che sono al contempo in lenta via d’estinzione.

Fondo Loss and Damage: chi riguarda? Il tema di rilievo della conferenza delle Nazioni Unite

Bandiera americana – foto da pixabay

Nel 2016 era stata Marrakech, città del Marocco occidentale, ad ospitare la conferenza mondiale sul Climate Change. Questa volta è la Repubblica Araba d’Egitto a fare da culla per le strategie di ripresa mondiale dalla crisi climatica e ambientale, esasperata, dell’odierno XXVI secolo. Ad essere centrale in questa Cop 27 è il cosiddetto “Fondo Loss and Damage“, ma di cosa si tratta?

Il fondo è stato istituito sulla base di una previsione allarmante: entro il 2030 più di 100 milioni di africani saranno a rischio per via del surriscaldamento globale. L’ambientazione della conferenza in un paese balneare dell’Africa dovrebbe far risaltare ancor di più la condizione di deprivazione in cui versa l’intero continente.

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L’espressione “Loss and Damage” si riferisce alle perdite e ai danni registrati dai paesi in via di sviluppo a causa del cambiamento climatico. Sono stati proprio questi paesi a coniare la denominazione del fondo. L’obiettivo è quello di sottoporre all’attenzione delle nazioni tutte i profondi cambiamenti che le loro società stanno registrando.

Intere comunità hanno già perso parte del loro territorio, i danni sono economici, sociali ed ecosistemici. I paesi sottosviluppati sono infatti quelli più assoggettati all’egida del surriscaldamento globale. Istruzione, sanità ed economia sono quei settori che la crisi ecosistemica e territoriale ha investito a cascata.

Parliamo di seri danni alla qualità della vita, al patrimonio ambientale e culturale delle popolazioni indigene, da sempre vessate non solo dall’aggressivo espansionismo materiale e culturale dell’occidente, ma anche, come se non bastasse, dalla crisi ambientale che esso stesso ha determinato.

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Non si sta parlando per sentito dire: l’ultimo rapporto dell’IPCC ha corroborato la seguente tesi mostrando come Europa e Nord-America siano le principali incriminate per quanto concerne il quantitativo di emissioni nocive per l’atmosfera. Cina, Russia ed altri paesi seguono alla lista. Accettare l’istituzione del fondo coinciderebbe con una forte ammissione di colpa e con una conseguente, necessaria, presa in carico del problema.

Quello dell’istituzione del fondo è un tema in agenda già da diversi anni. In termini pratici il fondo Loss and Damage dovrebbe garantire 100 miliardi annui da deputare all’adattamento alla crisi e alla risoluzione dei problemi a carico dei paesi di cui sopra assieme alla decarbonizzazione delle potenze responsabili. I delegati europei e degli stati uniti d’America, stando agli ultimi aggiornamenti, non sembrano ritenere l’istituzione del fondo una strategia poi così necessaria e vincente. La notizia, chissà perché, non sorprende.

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