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In 600 anni mai così poca neve sulle Alpi: a rivelarlo una pianta

Nature Climate Change informa attraverso uno studio portato avanti dall’Università di Padova e dall’Istituto di scienze dell’atmosfera di Bologna che qualcosa non sta andando nel verso giusto.

Alpi – foto da pixabay – orizzontenergia.it

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L’università di Padova, assieme all’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna ha fatto uscire i risultati preoccupanti di una ricerca sull’autorevole rivista “Nature Climate Change“.

L’oggetto dello studio? Il monitoraggio delle Alpi, in particolare dello stato del manto di candida neve che dovrebbe ricoprirne le pendici. Come ci si può bene aspettare il manto di neve è ogni anno sempre più scarso. Nel passaggio fra il 2022 e il 2023 si è toccato il record in negativo.

In 600 anni qualcosa è cambiato: lo stato della neve sulle Alpi preoccupa gli studiosi

Alpi innevate – foto da pixabay – orizzontenergia.it

La consistenza storicamente d’acciaio del manto di neve invernale delle Alpi è nell’ultimo mese diventata effimera e caduca. La longevità della neve sulle pendici di questi monti imponenti si è ridotta a meno di un mese: un record segnato in negativo. Lo studio portato avanti dall’Università di Padova in consorzio con l’Istituto Nazionale delle ricerche si è servito di un particolare indicatore.

Le percentuali relativa alla quantità, persistenza e consistenza della neve sono state ricavate dalla diretta osservazione degli anelli di accrescimento delle piante di ginepro comune cresciute in alta quota. I risultati dello studio inedito sono stati pubblicati su Nature Climate Change e parlano di una situazione emergenziale.

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I risultati ci parlano di concrete e dannose conseguenze del riscaldamento climatico. La Nasa e l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) parlano di un’accelerazione nel surriscaldamento globale avvenuta proprio in questi ultimi 10 anni. Marco Carrer, primo autore dello studio, parla di una costante discesa nelle fluttuazioni dei livelli di neve negli ultimi decenni.

La riduzione della quantità di neve negli ultimi 50 anni si attesta su una parcentuale del 5,6%, numericamente pari 36 giornate di neve in meno, un a percentuale incredibile. E’ da prima della scoperta delle Americhe che non si assiste a una discesa costante e perpetuata nel tempo come la corrente.

Se infatti è naturale che un inverno sia differente dall’altro, non è fisiologico che la differenza presenti un tratto comune come quello registrato dallo studio: la riduzione contigua e il progressivo snellimento del manto di neve. Le conseguenze di un fenomeno simile oltre a ripercuotersi sulel attività umane legate al turismo presentano un conto salatissimo a livello naturale.

Un esempio è la secca del Po: i bacini idrologici siti a valle non ricevono più acqua. La durata del manto nevoso, racconta l’articolo, si è accorciata di oltre un mese. Ma che ruolo ha giocato il ginepro in questa ricerca? Il ginepro comune, quando cresce ad alta quota, matura un andamento strisciante, orizzontale.

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Un’angolatura simile permette agli anelli dell’esemplare di registrare la durata del manto nevoso poiché estremamente vicini al suolo. Carrer informa che essendo alto pochi centimetri, la crescita dell’albero è legata a doppio filo dalla possibilità di emersione dal manto nevoso che lo ricopre.

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