E’ la prima volta: telecamera mostra le conseguenze della crisi climatica sotto un ghiacciaio

Una telecamera mostra le effettive dinamiche dello scioglimento di un ghiacciaio: vediamo insieme cosa è emerso dalle indagini scientifiche

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Ghiacciaio Thwaites-Facebook-OrizzontEnergia.it

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I cambiamenti climatici e il riscaldamento globale hanno attivato conseguenze devastanti su tutto il Pianeta. Ogni elemento in natura ne sta subendo gli effetti. Ogni ecosistema è in pericolo, a causa delle dinamiche concatenate che, come un domino, ricadono mandando in tilt i sistemi naturali.

Una di queste conseguenze, sotto gli occhi di tutti, è il progressivo e inesorabile scioglimento dei ghiacciai che sta mettendo in serio pericolo numerosi siti naturali. L’innalzamento delle temperature globali è il primo segnale dei cambiamenti climatici in atto, con l’immediato e repentino ritiro dei ghiacci e l’aumento del livello dei mari in tutto il globo e a qualsiasi latitudine.

Una telecamera all’interno del ghiacciaio Thwaites, il più grande del mondo

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Robot Icefin-Facebook-OrizzontEnergia.it

Il ghiacciaio Thwaites è il più grande al mondo, si trova in Antartide occidentale ed è il sorvegliato speciale di numerose ricerche e studi. La sua estensione è paragonabile alla superficie di tutta la Gran Bretagna o della Florida, si rende dunque quanto mai necessario il suo costante monitoraggio. Il suo scioglimento con collasso comporterebbe una catastrofe ambientale mai vista prima.

I ricercatori del British Antarctic Survey e della Cornell University, hanno dunque pensato di avviare un monitoraggio più specifico, avvalendosi dell’ausilio di robot e telecamere. Il robot sottomarino utilizzato si chiama Icefin e il suo contributo ha cambiato la prospettiva in merito alla progressione e alla velocità dello scioglimento di Thwaites.

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Le nuove evidenze scientifiche

Gli elementi che avevano gli scienziati sino ad oggi riferivano di un ritiro progressivo e allarmante del ghiacciaio di circa 14 chilometri dagli anni 90. Ma grazie alle nuove strumentazioni si è invece scoperto una maggiore lentezza di fusione di quella calcolata al di sotto della piattaforma. Al contrario viene confermata una preoccupante velocità di scioglimento all’interno delle fessure e dei crepacci.

Mettendo insieme i due dati però si evince che la totale velocità di scioglimento appare più lenta e minore del calcolato dai modelli matematici e scientifici approntati sino ad ora. La spiegazione risiede in uno strato d‘acqua meno calda che si trova tra il fondo della piattaforma e l’oceano sottostante. Questo strato di acqua più fresca rallenta di fatto la fusione del ghiaccio e la complessiva velocità di scioglimento.

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Le misurazioni effettuate dal team di ricerca, all’interno dell’ampio progetto MELT, sono state ottenute a circa 600 metri di profondità. Il confronto con i dati risultanti da ricerche su altri cinque siti posti sotto la piattaforma, in una sorta di ricerca del tasso di fusione del ghiaccio al netto della regione e della profondità sondate.

Icefin è stato determinante per visionare e poi analizzare zone mai esplorate prima, proprio per valutare le dinamiche e le variabili che si concretizzano nelle profondità ghiacciate. Il dato è dirimente rispetto ai calcoli da effettuare per il controllo e il monitoraggio della situazione in essere e futura. E i valori che si sono determinati dalle evidenze della ricerca appaiono meno rilevanti di quelli ipotizzati, ma non spostano di una virgola la preoccupazione crescente. Possono però delineare nuove strategie di supporto e di intervento per rallentare il processo.