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Acquacoltura, cos’è e come funziona l’allevamento dei pesci

L’acquacoltura è una forma di allevamento dei pesci che si usa anche in Italia. Tutto quello che c’è da sapere su quest’attività.

(Jacek Kijewski – Pixabay)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’acquacoltura è una tipologia di allevamento che si basa sul pesce. Invece di pescare quanto la natura offre, si allevano i pesci che servono. Si stima che, entro il 2050, ci saranno circa 10 miliardi di persone. Tra i vari cibi che serviranno, ci sarà anche il pesce.

In questo momento, l’allevamento di pesce produce circa la metà di quello che serve alla popolazione come cibo proveniente dal mare. In più, anche se le tecniche di allevamento si sono evolute nel corso degli anni, si stima che le prime forme siano avvenute anche in Italia, all’epoca degli Etruschi.

Gli animali che sono oggetto di allevamento con l’acquacoltura sono: salmoni, carpe, orate, anguille, tonni, branzini e diversi frutti di mare, come cozze e vongole.

Qual è la differenza tra pesca e acquacoltura? La pesca prende il pesce e lo lavora per la vendita. L’acquacoltura, invece, è una vera forma di allevamento.

Acquacoltura, tutto quello che c’è da sapere su questa attività in mare

(Tapani Hellman – Pixabay)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quali sono i pro e i contro dell’acqualcoltura? Se si hanno i mezzi, ha un impatto ambientale più basso rispetto alla pesca. Permette di ottenere di più e comporta anche un aumento dei posti di lavoro.

Per contro, se si esagera o non si seguono le normative, si rischia di disperdere nell’acqua quantità industriali di fosforo, azoto e zolfo. In più, alcune specie, se allevate in gran numero, possono causare dei danni all’habitat marino.

Nei cosiddetti allevamenti a terra, invece di fiumi e mari, si usano delle vasche. Queste vanno depurate e spostate periodicamente, per evitare gli scarti. Purtroppo, in alcune zone del mondo, per queste operazioni sono schiavizzati dei bambini.

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In più, gli allevamenti intensivi distruggono la flora e la fauna del luogo in cui si trovano. L’acquacoltura può essere intensiva o estensiva. La prima si basa sull’intervento dell’Uomo in ogni fase del processo.

L’Uomo crea il bacino da zero, nutre gli animali e fa in modo che ce ne siano il più possibile. La qualità sarà più bassa.

La seconda, invece, prevede che si crei un bacino chiuso nei mari o nei fiumi, dove gli animali allevati vivono in piena autonomia. Il cibo non viene dato e la qualità del pesce è la stessa di quello pescato. Rappresenta una formula più sostenibile.

Poi c’è una via di mezzo, detta semintensiva, dove l’Uomo interviene sulla specie solo per il cibo, in modo da velocizzare la crescita. Infine, c’è la soluzione iperintensiva, nota anche come sistema a ricircolo.

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Si parte da un allevamento intensivo e si depura l’acqua del bacino a ogni allevamento, usando anche la tecnologia. È la soluzione più inquinante. Per fortuna, c’è anche una modalità sostenibile. Si tratta di allevamenti che rispettano la qualità dell’acqua, l’habitat marino e non usano agenti esterni, evitando anche le emissioni di CO2.

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