La situazione dell’Amazzonia è davvero allarmante, secondo uno studio è stato da poco toccato il punto di non ritorno.
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Realizzato dagli studiosi dell’Amazonian Network of Georeferenced Socio-Environmental Information, è stato da poco diffuso uno studio che riporta la situazione agghiacciante in cui versa la foresta pluviale più importante del pianeta. I ricercatori, agendo insieme alle tribù indigene della foresta amazzonica, hanno raccolto informazioni importantissime sullo stato di salute del territorio.
Ciò che emerge è la sparizione di una parte enorme di foresta pluviale. Il vuoto lasciato dalla sparizione di migliaia di alberi mette a rischio l’intero pianeta, dato che l’Amazzonia è considerata il polmone del mondo. Il titolo utilizzato dal report fornito dai ricercatori è allarmante: Amazonian against the Clock, ossia una corsa contro il tempo per la salvezza dell’umanità.
Si tratta di una situazione terrificante, uno stato di emergenza assoluto che dovrebbe spronare tutti i potenti della Terra ad agire tempestivamente, prima che sia troppo tardi. La deforestazione non si ferma, portando via intere aree verdi. Il problema è che queste aree distrutte non hanno più le capacità di rigenerarsi.
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Gli scienziati parlano di “savanizzazione“, a indicare la precarietà della vegetazione. Una volta spariti, gli alberi non ricrescono, e il terreno non è in grado di produrre vegetazione. Significa che, una volta distrutto il territorio, non resta altro che terra bruciata e arida. Le conseguenze di tale accadimento le conosciamo tutti: assenza di ossigeno, distruzione dell’ecosistema, morte della fauna.
Tutto ciò mette in squilibrio il mondo intero, causando una crisi climatica e l’impennata delle temperature. Il polmone verde della Terra è in serio pericolo, basti pensare che la foresta amazzonica si estende in ben nove nazioni del Sud America, ma soltanto in due, Guyana e Suriname, è ancora intatta almeno al 50%.
Nei restanti Paesi, l’Amazzonia è ormai ridotta a meno della metà della sua estensione. Brasile e Bolivia sono i Paesi che stanno causano la maggior parte dei danni, distruggendo aree sterminate di vegetazione, senza contare i numerosi incendi provocati sia dall’uomo che dalle alte temperature. Soltanto nell’estate appena trascorsa, gli incendi sono stati centinaia e hanno infranto il record storico.
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Occorre intervenire, il punto di non ritorno è stato già oltrepassato, me antro il 2030 bisogna tutelare almeno il 50% restante della foresta pluviale. Bisognerebbe fermare Bolsonaro, presidente del Brasile, principale responsabile della deforestazione. La sua amministrazione, infatti, a causa di scelte politiche scellerate, ha causato una deforestazione senza precedenti. Il tutto, per dare spazio a monocolture e miniere.