Plastica ecocompostabile, una svolta importante nel mondo green

La plastica del futuro 4.0, riciclabile ed ecocompostabile è pronta: vediamo di cosa si tratta attraverso la sua presentazione al mondo

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La plastica si sa è uno dei materiali più inquinanti e meno biodegradabili presente al mondo. Ad oggi è possibile solo riciclarla e cercare di ridurre il suo utilizzo abnorme e incontrollato, determinato dalla pratica dell‘usa e getta degli ultimi vent’anni. L’ambiente ne è risultato devastato a tutti i livelli, e in ogni dove. Sia per mare che per terra. Ovunque sono presenti le microplastiche che provocano danni di entità inimmaginabile.

Allora gli studi e le innovazioni si sono concentrate sugli sviluppi di nuovi materiali biologici e biodegradabili alternativi alla plastica. E in molti settori si è proceduto a incredibili performance tecnologiche e si è giunti, per esempio, alla produzione di soluzioni come i contenitori alimentari ottenuti dalle alghe. Ma si può andare oltre? Una interessante risposta arriva dalla Germania.

La plastica ecocompostabile

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In Germania il chimico Stefan Mecking, affiancato dal suo team di ricerca dell’Università di Costanza, ha rivolto la sua attenzione alla possibilità di poter produrre plastiche con le proprietà tipiche del materiale, ma contemporaneamente rispettose dell’ambiente. In pratica abbinare la stabilità con la biodegradabilità, in un esercizio scientifico ai limiti della fantascienza.

Per ottenere l’incredibile risultato i ricercatori hanno inserito dei “punti di rottura” chimici all’interno dei materiali prodotti. In questo modo si migliora notevolmente la componente relativa al riciclo di plastiche simili al polietilene. In pratica sono stati inseriti dei punti di accesso che consentano ai microorganismi di penetrare nelle materie plastiche per la loro biodegradazione.

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Si chiama Poliestere-2,18 ed è formata da due moduli base entrambi facilmente ottenibili da fonti rinnovabili. Si tratta di un’unità composta da due atomi di carbonio e un acido dicarbossilico con 18 atomi di carbonio. Il risultato è stupefacente e non scontato. Elevata cristallinità, quindi stabilità, ma anche e soprattutto biodegradabilità.

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Gli esperimenti sostenuti hanno dimostrato la velocità degli enzimi naturali di degradare il nuovo materiale, calcolata in circa due mesi. E per il compostaggio sono soddisfatti i requisiti richiesti. Gli studi proseguono in questa direzione proprio nell’ottica delle applicazioni che questo materiale assolutamente innovativo potrà avere nel futuro prossimo, con un notevole contributo al benessere del Pianeta e quindi nostro.