L’effetto Lucifero. I dettagli sull’esperimento che ha fatto la storia della psicologia

Si chiama effetto Lucifero ed è l’esperimento che ha fatto la storia della psicologia. Scopriamo di cosa si tratta e quali furono le sue drammatiche conseguenze.

effetto Lucifero
Uomo fotografato davanti alla prigione di Stanford – Foto da prisonexp

Nella storia abbiamo prove di tantissimi esperimenti avvenuti sull’essere umano, a volte anche a discapito della sua salute.

Basti pensare a tutti gli esperimenti effettuati dai nazisti sui prigionieri politici e sugli ebrei, testando sia resistenza fisica che psicologica. Resta il fatto, però, che gli esperimenti peggiori siano quelli che intaccano la mente.

Gli esperimenti che agiscono sul nostro cervello sono molto più infimi dei già gravissimi esperimenti effettuati sul corpo. La mente è ambito tutt’oggi ancora inesplorato e misterioso. Basti pensare che piccoli traumi d’infanzia possono portare a conseguenze spropositate, causando deviazioni e violenza. Immaginate allora, se solo un piccolo trauma può portare a conseguenze simili, cosa farebbe un esperimento eseguito sulla propria mente?

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Uno dei peggiori esperimenti della storia è stato quello noto come “Stanford Prison Experiment”, il cui effetto è diventato famoso come Effetto Lucifero. L’esperimento è stato effettuato nel 1971 ad opera dello psicologo Philip Zimbardo, con l’obiettivo di indagare la mente umana e, più nello specifico, di esaminare il rapporto tra guardie e detenuti.

Lo “Stanford Prison Experiment”: cos’è e qual’è l’effetto Lucifero

prigione
Immagine del film “Experiment” di Scheuring che ha rappresentato egregiamente ciò che è avvenuto durante l’esperimento di Stanford – Foto dal web

L’esperimento riprodotto nell’Università di Stanford, ad opera del prof. Philip Zimbardo aveva una sola domanda a capo: ” cosa spinge le persone ad essere cattive?”

Ed è proprio da questa domanda che nasce il noto esperimento. L’idea alla base era quella di ricreare una finta prigione nel seminterrato del dipartimento di psicologia dell’università. Qui sono stati reclutati 24 studenti universitari tutti “di sesso maschile e di etnia bianca, intelligenti, normali, stabili e provenienti da famiglie di classe media statunitense e canadese”, come descrive Zimbardo.

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Dodici di loro avrebbero fatto le guardie ed i restanti dodici i detenuti. I detenuti sarebbero dovuti rimanere h24 in questo finto carcere per tutta la durata dell’esperimento, prevista di 2 settimane. Le guardie invece avrebbero lavorato in turni di 8 ore, al termine delle quali potevano tornare a casa. Il tutto era sorvegliato e registrato da telecamere nascoste.

Gli effetti non tardarono ad arrivare, dopo soli 6 giorni iniziarono ad avvenire diversi episodi di violenza, come punizioni esemplari da parte delle guardie e sottomissione totale da parte di alcuni detenuti e ribellione violenta da parte di altri. Zimbardo, quindi, fu costretto a sospendere l’esperimento poiché sia guardie che detenuti non riconoscevano più la differenza tra realtà e finzione.

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Molti degli studenti che stavano partecipando all’esperimento iniziarono a mostrare seri segni di cedimento mentale, come il sadismo e vari disturbi dissociativi. Altri invece, svilupparono veri e propri sintomi fisici, come le eruzioni cutanee.

Zimbardo definì queste conseguenze “effetto Lucifero”, arrivando alla conclusione che sia l’ambiente che il ruolo sociale ed istituzionale influenza in maniera esagerata e determinante le persone, portandole a compiere azioni che altrimenti non avrebbero mai compiuto.

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Inoltre, l’effetto Lucifero mostra proprio come in un ruolo di supremazia il singolo individuo sia naturalmente portato ad agire senza alcuna paura e senza pietà nei confronti di chi si trova dall’altro lato, ovvero dal lato debole. D’altro canto ha evidenziato anche come un ruolo inferiore, porti l’individuo ad una totale sottomissione, senza più pensare o agire con la propria testa, ma con l’unico obiettivo di obbedire passivamente.